Caso Giusi: le voci dal presidio e il bavaglio ai dipendenti pubblici

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di Eridan

Venerdì scorso ci siamo recati al presidio per Giusi, la lavoratrice sottoposta a procedimento disciplinare per la sua partecipazione alla manifestazione contro il comizio del leader del partito neofascista Forza Nuova, Roberto Fiore, a Bologna, per seguire il contraddittorio che si sarebbe tenuto quel giorno tra Comune e i difensori della impiegata.

Grande la partecipazione al presidio, presenti tutte le principali sigle sindacali di base: SGB, USB, CUB. Oltre ad esse singoli rappresentanti della Fiom CGIL, rappresentanti dell’opposizione interna alla CGIL “il sindacato è un’altra cosa”, l’Unione Inquilini, Rifondazione Comunista, Giovani Comunisti/e e PCI.

Nell’attesa circa gli esiti del contradditorio sono stati numerosi gli interventi degli aderenti al presidio, ne abbiamo filmati la maggior parte e riportiamo qui il video.

Verso le ore dodici e trenta è uscita dagli uffici dell’ente Giusi accompagnata da Massimo Betti di SGB, il sindacato a cui appartiene, i quali hanno tenuto una conferenza stampa sul contraddittorio appena svolto presso il Comune, nel quale il legale dell’impiegata ha presentato una memoria difensiva, di seguito il video della conferenza.

Le motivazioni presentate nella memoria dal difensore di Giusi, avvocato Michele Carducci dell’Associazione Bianchi Guidetti Serra, portano alla luce diversi interrogativi circa il modus operandi dell’Amministrazione nel procedere in via disciplinare contro la sua dipendente.

In primo luogo è stata contestata la genericità dei contenuti della contestazione, la quale si sostanzia nella denuncia di un “comportamento oltraggioso” nei confronti delle Forze dell’Ordine, comportamento del quale non viene fornita ulteriore precisazione e per il quale non è stata sporta denuncia. Comportamento tenuto non durante l’orario di lavoro e non concernete le funzioni dei pubblici impiegati.

In secondo luogo la difesa ha contestato la presenza della funzionaria durante gli scontri, non esiste alcuna prova circa la sua presenza agli stessi, dando una interpretazione fuorviante della realtà.

In terzo luogo la violazione del ne bis in idem, principio di diritto per il quale una persona non può essere oggetto di due procedimenti relativi allo stesso fatto. In tal caso l’Amministrazione ponendo in essere il procedimento violerebbe tale principio, sancito tralaltro dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, tale violazione potrebbe essere infatti interpretata o come anticipazione di un eventuale procedimento penale o sostitutivo dello stesso ma senza le garanzie previste dalla legge.

In ultimo ma non meno importante, secondo la Dichiarazione ONU sul diritto e la responsabilità degli individui, dei gruppi e degli organi della società di promuovere e proteggere le libertà fondamentali e i diritti umani universalmente riconosciuti, Giusi manifestando in difesa della Costituzione repubblicana e antifascista è classificabile come difensore dei diritti umani e pertanto deve godere di tutte le garanzie a difesa di tali figure, in quanto avrebbe espresso il suo pensiero contro forze poliiche schierate contro la democrazia e promuoventi condotte lesive dei diritti umani.

Anche se è evidente come le frasi proferite da Giusi siano meno esplicite da quelle delle insegnanti di Torino o Palermo, si rilevano preoccupanti analogie con l’approccio punitivo che la Pubblica Amministrazione, manovrata dagli organismi politici, sta avendo nei confronti dei propri dipendenti, mediante una interpretazione “larga” e spesso esagerata dei “Codici di comportamento” adottati dai vari enti pubblici, come quello di Casalecchio di Reno, codici che dovrebbero riguardare esclusivamente l’attività del dipendente sul luogo di lavoro e nell’esercizio delle sue funzioni ma che spesso vengono allargati nel loro ambito di applicazione alla vita privata degli stessi dipendenti, si vedano ad esempio i social network. Non vi è dubbio però che, per via dei principi regolanti la Pubblica Amministrazione e della Costituzione stessa, le condotte che dovrebbero essere oggetto di censura dovrebbero riguardare solo ed esclusivamente l’adempimento dei propri doveri di pubblico impiego, quindi l’agire secondo correttezza, proporzionalità, garantendo l’efficacia del servizio ecc..

Come dichiarato da alcuni degli aderenti, si torna quindi indietro nel tempo ad un periodo in cui la separazione tra organi di direzione politica e organi amministrativi non esisteva, in cui i funzionari non giuravano di essere imparziali e di servire il popolo ma giuravano fedeltà al governo ed al ministro di turno. Non si è alle porte del fascismo, come sbandierano PD e soci, che a Casalecchio hanno supportato l’approccio punitivo verso Giusi, ma sicuramente ci si trova davanti ad un arretramento nella prassi amministrativa e nelle norme che ci riporta all’Ottocento. Ciò deve far riflettere poiché se oggi si tratta solo di dipendenti che hanno espresso il loro pensiero o si sono recati a manifestazioni e per questo vengono censurati, la distanza con il bavaglio dei funzionari pubblici anche nei confronti di eventuali rimostranze sindacali è estremamente labile ed i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici sono ancora una volta messi in pericolo dall’autoritarismo crescente.

Per rimarcare la gravità della situazione, gli aderenti al presidio hanno annunciato come al corteo in ricordo delle vittime del 2 agosto saranno presenti con uno striscione senza simboli recante lo slogan “Antifascisti fuori e dentro i luoghi di lavoro”.

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