Sul Movicentro e sulla repressione che verrà

movicentro (2)

Nonostante la seconda, grande ondata pandemica del COVID-19 stia mietendo nuove vittime in tutta la provincia Granda (sesta in Italia per contagi in rapporto al numero di abitanti), accelerando la già imminente macelleria sociale che si prospetta all’orizzonte, la crociata ideologica contro la povertà e il disagio sociale messa in atto negli ultimi mesi, su tutto il territorio comunale, è proseguita senza sosta: una valanga di daspi urbani, minacce di multe salatissime a chi sarebbe stato sorpreso a fare l’elemosina ai senzatetto, chiusura preventiva di luoghi della movida cittadina perché frequentati da presunti pregiudicati. Insomma, anche con un’ennesima crisi sanitaria alle porte, si è riproposto l’ormai inflazionato binomio “povertà-insicurezza“, perfettamente in continuità con le inesistenti politiche sociali che caratterizzano ormai tutto lo stivale da nord a sud e che trova il suo padre ideologico nell’ex-ministro dell’interno Marco Minniti, vero inventore del daspo urbano.

Punta di diamante di tutta questa ondata repressiva è stato sicuramente lo sgombero del sottopassaggio del parcheggio Movicentro avvenuto il 24 luglio scorso, in prossimità della stazione dei treni, da anni divenuto casa precaria di decine di lavoratori bracciantili, migranti e semplici senzatetto. Ad oggi, molti non hanno ancora trovato una sistemazione sostitutiva e sono costretti a dormire nei pressi del Parco Monviso, a pochi passi dal Movicentro stesso.

Tutto questo si consumava mentre la giunta comunale di Cuneo autorizzava un murale dedicato al movimento di protesta americano Black Lives Matter, da realizzare proprio su uno dei muri principali del Movicentro, a pochi passi dal sottopassaggio. È paradossale che le istanze di un fenomeno di piazza così complesso, nato per opporsi ai soprusi e agli accanimenti delle forze di polizia sull’etnia afroamericana, siano state disattese in modo così puerile, specialmente se, dalle testimonianze del comando dei Carabinieri locale, tutti gli schedati avevano un regolare permesso di soggiorno. Non certo i disturbatori della quiete pubblica che Ricifari dev’essersi prefigurato.

Come Giovani Comunisti/e, non accetteremo più altre prove di forza sulla pelle dei lavoratori e dei più deboli, che sia questa di un colore di gusto o meno a certi membri della giunta comunale e ai questori di turno.

E soprattutto, continueremo a batterci perché la povertà, la marginalità e la precarietà lavorativa inizino a essere trattate come veri e propri problemi di natura socio-economica, e non come squallide situazioni di disordine da reprimere sotto la foglia di fico della sicurezza pubblica.

Giovani Comunisti/e Cuneo

Condividi questo articolo: