Uber Italy commissariata per caporalato

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di Redazione

La Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria, ossia il commissariamento, di Uber Italy srl, la filiale italiana del gruppo americano, per caporalato, in particolare per lo sfruttamento dei rider addetti alle consegne di cibo per il servizio Uber Eats. E’ infatti in corso un’indagine condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf e coordinata dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci e dal pm Paolo Storari.

Nell’inchiesta, che ha portato anche ad una serie di perquisizioni, viene contestato il reato previsto dall’articolo 603bis del codice penale, ossia la “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” per la gestione dei fattorini che fanno le consegne di cibo a domicilio per il servizio Uber Eats. Fattorini che, stando a quanto ricostruito, formalmente non lavorano per Uber ma per altre due società di intermediazione del settore della logistica, tra cui la Flash Road City che risulta indagata nel procedimento.

“La mia paga era sempre di 3 euro a consegna indipendentemente dal giorno e dall’ora”, si legge nella testimonianza di un rider che ha lavorato per il servizio Uber Eats, come emerge dal decreto con cui è stata commissariata per caporalato la filiale italiana del gruppo americano.

Gli indici di sfruttamento valutati dal giudice Fabio Roia sottoscrittore del provvedimento della società italiana della multinazionale Uber sono stati in particolare due: lo sfruttamento lavorativo e l’approfittamento dello stato di bisogno.

La società che lavorava per conto di Uber Italy, infatti, procacciava lavoratori quasi tutti provenienti da “zone conflittuali del pianeta e la cui vulnerabilità è segnata da anni di guerre e povertà alimentare”, si legge nel testo. Il giudice ha considerato anche il “forte isolamento sociale in cui vivono questi lavoratori”, che offre “l’opportunità di reperire lavoro a bassissimo costo, poiché si tratta di persone disposte a tutto per sopravvivere, sfruttate e discriminate da datori di lavoro senza scrupoli”.

Il commento dei/delle Giovani Comunisti/e di Milano: “I riders sono di fatto lavoratori subordinati e devono godere delle stesse tutele”.

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